Wild eyed boy from a freecloud (Memories from the Balkans 2006)

Friday, July 28, 2006

articolo corriere reloaded

ecco la seconda versione dell'articolo per il corriere del mezzoggiorno.
forse stavolta e' la volta buona che lo pubblicano. vi faro sapere.

ps. nei commenti provate a farmi sapere se vi piaceva di piu' la prima versione o questa.

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Napoli-Pristina
Una cronaca balcanico-partenopea di mezza estate

Urime Italia, Urime Italia! Letteralmente “Congratulazioni Italia”. Gridano i bambini per la strada quando passo con la mia maglietta della Nazionale per le strade di Pristina. Dopo due settimane dalla vittoria qui è ancora vivo il ricordo della festa che la comunità italiana ha improvvisato per le strade della città, di fronte al Quartiere Generale della Missione delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK). Infatti, mentre la Rai riprendeva i militari italiani della KFOR alle porte della città, fuori dai riflettori, i civili che lavorano presso le Organizzazioni Internazionali, erano incollati al maxischermo in uno dei vari ristoranti italiani del centro, grazie anche al coordinamento dell’Ufficio Diplomatico Italiano.
In queste calde sere balcaniche di mezza estate ci ritroviamo spesso al ristorante “Il Passatore” dove la magnifica cuoca Antonella è ancora in festa perchè “era dal 1982” che aspettava di nuovo la vittoria della nazionale.
Ci siamo proprio tutti, anche i napoletani. Qui in Kosovo i campani sono quasi un centinaio, se si contano anche i militari e le forze di polizia internazionali. Ma in centro città la comunità partenopea è abbastanza ristretta e si limita alle persone che lavorano nelle ONG e le Organizzazioni Internazionali, con una permanenza variabile tra i sei mesi e i tre anni. Tra una discussione su Zidane e Materazzi e la Juve in Serie B, c’è l’occasione per fare il punto su questa città che, a sei anni dalla fine del conflitto, si trova ancora al centro dell’amministrazione internazionale, nei mesi caldi delle negoziazioni sullo status finale del Kosovo. Ovviamente è anche un buon momento per ricordare Napoli come in un gioco di specchi.
Alessandro Marra, il trentenne vice-capo della Rappresentanza del Consiglio d’Europa in Kosovo, è qui da sei mesi, e ricorda i primi giorni della sua avventura kosovara quando, nella strenua ricerca di una casa (a Pristina in inverno la temperatura raggiunge anche i meno 20), alloggiava nel “Grand Hotel”, il fatiscente albergo che in epoca Yugoslava era il fiore all’occhiello della città. Ormai non vive più a Napoli da quattro anni e mezzo e ci dice che per lui non è stata una fuga ma una scelta professionale. Giurista, fin da studente specializzato in diritto internazionale (ha studiato con il prof. Conforti). Per lui lavorare alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo è stata una scelta di passione. Aggiunge - essere napoletani sicuramente aiuta in un contesto come quello del Kosovo perché permette di comprendere molte questioni personali, politiche e sociali, essendo Napoli la possibile chiave di lettura di tutti i Sud, in particolare del Mediterraneo. E il Kosovo, pur non essendo bagnato dal mare, puo’ essere considerato come uno di questi Sud, luogo di passaggio e di frontiera su cui corre una di quelle profonde fratture che attraversano l’Europa e il Mondo intero -. A questa affermazione si alzano commenti ironici dei baresi e dei bergamaschi presenti. Replica Massimo di Terlizzi, di Nocera Inferiore, a Pristina per l’ONU dal 19 Agosto 2003, un vero veterano – E’ vero, essere napoletani a Pristina aiuta a prendere con filosofia tutte le cose che qui non funzionano, in particolare il traffico e la viabilità. Ma soprattutto ad affrontare delle situazioni di forte stress urbano, cosa non nuova per chi è abituato ai ritmi metropolitani partenopei -. Lui questa città l’ha vista cambiare in tre anni. E ci racconta che all’inizio alloggiava, per motivi di sicurezza, nei container posti vicino la base logistica delle Nazioni Unite, fuori città. Lì circolavano leggende metropolitane incredibili, come quella sulla polizia indiana che avrebbe portato serpenti da usare per mantenere l’ordine pubblico. Prima di venire qui era in forza al Nucleo Regionale di Polizia Tributaria dal 1997 al 2002. Ci spiega di essersi occupato di verifiche fiscali a grossi gruppi imprenditoriali della Campania, e maggiormente divertito nel settore del contrabbando. Racconta le motivazioni della sua scelta, complicate avendo una famiglia e due figli. Ma - continua - il "vizio del nomade" è l'unico di cui sono schiavo e poi per un ispettore della GdF lavorare in ambito internazionale e confrontarsi tutti i giorni con realtà operative e mentalità diametralmente diverse è sicuramente una sfida affascinante. Ma il pensiero ritorna su Napoli e aggiunge con un po’ di nostalgia - tutte le sere, attraverso la mitica web-cam, ci scambiamo le vedute dalle finestre delle nostre rispettive case, mia moglie ed io! –
Anche Chiara sta fuori Italia da tempo. 28 anni e già un’esperienza in India dove lavorava ai progetti dell’ONU per la prevenzione e la gestione dei disastri naturali. È qui in Kosovo dal 2004, spinta soprattutto dalla voglia di tornare sul terreno e interessata dalla possibilità di partecipare a una missione di pace delle Nazioni Unite. Infatti lavora come Coordination Analyst presso l’ufficio dell’UNDP. Prima della missione il Kosovo rappresentava per lei un “buco nero”. Ci racconta – il solo ricordo che avevo era quello della guerra, di un posto distrutto e da ricostruire. E con grande sorpresa mi sono accorta, venendo qui, che si vive quasi in maniera normale. – Ma le manca il mare. Per arrivare in Montenegro, in Albania o in Grecia ci vogliono almeno sette ore di auto. E aggiunge, scherzando – da questo punto di vista il pensiero che il Kosovo non abbia il mare mi rende un poco claustrofobica –.
Infine al tavolo c’è anche Francesca Marzatico, 31 anni, di San Giorgio a Cremano, impiegata presso l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Anche per lei lasciare Napoli è stata soprattutto una scelta professionale. Ma punta il dito sulla chiusura del sistema partenopeo che spesso non da possibilità ai giovani più qualificati di poter esprimere il proprio potenziale al servizio della città. E dalle contraddizioni di Napoli lo sguardo si posa sulla vita quotidiana a Pristina. - In sei anni questo piccolo capoluogo di provincia di circa 500.000 abitanti è diventata una vera e propria città internazionale. Bar e ristoranti, case da affittare, impiegati nel personale delle Organizzazioni. Soprattutto i ristoranti sono un buon indicatore della varietà della provenienza degli operatori internazionali. Qui si può assaggiare dalla cucina italiana e francese al fast food americano, dal sushi al riso indiano o tailandese, fino all’esotismo di un ristorante messicano in salsa balcanica. A questo fa da contraltare l’estrema povertà che, in un triste gioco dei contrasti, è visibile ad ogni angolo –.

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